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Profitti reali ed eresie immaginarie: una risposta a Problemi e contraddizioni del capitalismo negli anni del ritorno dell’inflazione, di Riccardo Bellofiore e Andrea Coveri

Gli autori del volume L’inflazione: falsi miti e conflitto distributivo hanno risposto alla recensione di Riccardo Bellofiore e Andrea Coveri

Diamo spazio alle loro argomentazioni perché ci sembra interessante poter guardare da vicino un dibattito su temi economici spesso lasciati alla sola disputa tra esperti. Sempre più sentiamo la necessità di riflettere su proposte di politica economica che vengano però da una prospettiva di classe e in conflitto con le sfide poste dal capitalismo contemporaneo.

La risposta completa si può scaricare qui

Di seguito una sintesi scritta dagli stessi autori.


Profitti reali ed eresie immaginarie: una risposta a Problemi e contraddizioni del capitalismo negli anni del ritorno dell’inflazione, di Riccardo Bellofiore e Andrea Coveri

Giacomo Cucignatto, Lorenzo Esposito, Matteo Gaddi, Nadia Garbellini, Joseph Halevi, Roberto Lampa, Gianmarco Oro

Quando abbiamo deciso di scrivere L’inflazione. Falsi miti e conflitto distributivo il nostro obiettivo era quello di preparare il materiale didattico per un corso di formazione sull’inflazione rivolto a funzionari e delegati sindacali. In particolare, ci premeva chiarire alcuni punti di carattere generale e avanzare un’analisi dell’esplosione della dinamica dei prezzi nel 2022-2023. Obiettivo del corso era quello di fornire ai lavoratori e ai loro rappresentanti strumenti per rispondere concretamente al crollo dei salari reali. Dopo le prime giornate di inizio marzo – a Milano, Mestre e Bologna – il corso è stato replicato una ventina di volte in svariati contesti territoriali, e altre “repliche” sono in preparazione. Si è trattato di uno sforzo realmente collettivo: sebbene ciascuno di noi abbia partecipato direttamente alla stesura di uno o più capitoli, la struttura del volume e i contenuti di ogni saggio sono stati discussi e condivisi collettivamente, e dunque il contenuto di ciascun capitolo è da attribuire a ciascuno di noi. Tutte le recensioni al volume menzionate nell’introduzione alla seconda edizione – anch’essa a firma collettiva, e non del solo Esposito – ne hanno colto perfettamente il carattere politico, adottando lo stesso registro. Fa eccezione quella di Riccardo Bellofiore e Andrea Coveri, un saggio di 43 pagine di cui ci è stato arduo cogliere il senso profondo: qual è il principale punto di disaccordo circa la diagnosi, la prognosi, e la terapia? Nella loro recensione abbiamo osservato la rappresentazione estremizzata e unilaterale di alcuni passaggi senza entrare nel merito dei dati e della letteratura scientifica che abbiamo presentato e senza portare dati o riferimenti alla rilevante letteratura. Abbiamo ritenuto utile rispondere agli unici due punti concreti che ci sembrano emergere, costituiti dalle critiche all’idea che l’inflazione sia legata ai profitti e all’importanza che attribuiamo al monetarismo: ad esse quindi ci dedicheremo il più sinteticamente possibile, per poi chiudere riportando il discorso sul terreno politico, quello che ci interessa e che intendiamo portare avanti come collettivo.

Per quanto concerne l’inflazione, il punto centrale del nostro libro è costituito dall’analisi della causa e degli effetti dell’inflazione. I dati mostrano che sono aumentate sia la massa dei profitti sia la profittabilità delle aziende, come anche evidenziato dalla BCE, dal Fondo Monetario Internazionale e da molti altri. Contro la nostra analisi empirica nessun dato viene addotto dai recensori. Non ci sembra un modo di procedere adeguato alla discussione. Peraltro i dati mostrano un aumento della quota profitti e dei margini di profitto che viene da molto prima della pandemia e della guerra in Ucraina. La recensione critica anche i nostri dati relativi ai bilanci delle imprese. Osserviamo, in primo luogo, che noi abbiamo considerato tutte le società di capitali, il cui fatturato complessivo si supera i 2.500 miliardi di euro, non esattamente un campione ristretto. Quanto alla natura provvisoria dei dati, usando anche quelli del 2022, le dinamiche del quinquennio precedente sono addirittura accentuate, altro che “evidenza aneddotica e contrastante”. In sei anni, a fronte di un aumento del valore della produzione del 33,4% l’utile netto è cresciuto di oltre l’87%. 

Per ciò che riguarda il tema del monetarismo, i recensori sostengono, senza alcuna discussione della rilevante letteratura scientifica, che la nuova macroeconomia classica di Lucas seppellirebbe il monetarismo e che la politica monetaria condotta dalle banche centrali avrebbe un qualche sapore keynesiano attraverso il meccanismo previsto dalla Taylor Rule del banchiere centrale. A noi, come a moltissimi economisti di primissimo livello, pare piuttosto chiaro che le politiche successive alla crisi finanziaria del 2007-2008, convenzionali o meno, non abbiano cambiato gli obiettivi di fondo di governi e banche centrali, che rimangono orientati alla repressione salariale e alla distruzione dello stato sociale, facendo invece correre i profitti soprattutto del capitale finanziario, che è la visione monetarista tradizionale, lontana da una qualunque idea keynesiana dell’inflazione.

Infine, sul piano dei risvolti politici concreti, la recensione pone come terreno della battaglia della sinistra europea l’agenda Draghi, l’immortale mantra dell’Europa sociale, una posizione che riteniamo completamente perdente e che subordinerebbe ancora una volta il lavoro al capitale.