Numero 5. Giugno-luglio 2022,  Sociale

Rimettere la casa al centro. Il caso di Venezia

La casa non è soltanto il tetto e i muri che proteggono dalle intemperie. La casa, a livello internazionale, viene concepita soprattutto come una precondizione per consentire un pieno ed effettivo godimento di altri diritti fondamentali, quali il diritto alla salute psicofisica, allo sviluppo personale, alla privacy, all’igiene ambientale. È anche la base sulla quale si sviluppano senso di comunità, legami sociali, percezione di sicurezza, progettualità di vita. La casa non è mai stata e non è nemmeno oggi solo un tetto sopra la testa, ma quando si tratta di alloggi pubblici o del generale problema abitativo, la tendenza della politica in questi ultimi decenni è di considerarla tale.

Il generale ritiro del ruolo pubblico e il drastico ridimensionamento delle linee di finanziamento, avviene in concomitanza con l’esplodere della finanziarizzazione del bene-casa.  La predominanza della finanza nel mercato immobiliare, in virtù della quale gli investitori considerano gli immobili solo come beni commerciabili e non come un diritto, ha comportato una crescente crisi di accessibilità economica delle abitazioni e una carenza di alloggi in affitto. Secondo Istat (2019) L’8,7% dei residenti in Italia vive in una condizione di sovraccarico dei costi per la propria abitazione, ovvero spende per abitare più del 40% del reddito familiare; la casa è oggi uno dei determinanti di povertà.

Nello specifico, la città di Venezia subisce i contraccolpi di dinamiche che si intensificano a livello globale, ma che vi sono esacerbate dalla sua caratteristica di luogo sommamente attrattivo per capitali in cerca di valorizzazione nel settore turistico. Il 75% delle compravendite immobiliari sono a scopo di investimento – secondo i dati pubblicati da Smart Land nel 2019. Il prezzo medio degli appartamenti in vendita (3.100 €/m²) è di circa il 59% superiore alla quotazione media regionale – come riportano i dati di mercato-immobiliare.info aggiornati a marzo 2022. Ma i prezzi nella sola città storica, vero core del business immobiliare, sono ben più elevati, arrivando a superare i 5.000 €/m², portandola a essere la più cara tra le città italiane con pari abitanti. La stretta relazione tra tali dinamiche e la gentrificazione è nota; la particolarità è che a Venezia non compete a una singola zona o quartiere, ma interessa l’intero territorio, che si spopola al ritmo di quasi il 2% annuo e che negli ultimi 30 anni ha perso il 38% dei suoi abitanti.

Una città attrattiva che perde residenti: ecco la sintesi di questo processo di gentrificazione a Venezia. Dove vanno a vivere i suoi abitanti? Molte le letture superficiali del fenomeno, che in questi anni hanno contribuito a rendere inconcludente il dibattito attorno al drammatico dissanguamento demografico. Molte pure le concause. Ma, tra tutte, spicca per assenza il tema casa.

La contrazione della popolazione risulta correlata, oltre che alle dinamiche naturali, ai flussi migratori locali che vedono sempre più movimenti in uscita dalla città storica verso altri centri abitati del Comune. Infatti, se il saldo migratorio relativo ai flussi di ampio raggio esterni al territorio comunale risulta positivo, dimostrando quindi la capacità attrattiva della città, i flussi locali tra la città storica e gli altri ambiti comunali rilevano valori fortemente negativi. Se i luoghi prediletti per lo spostamento sono quelli della cintura, ovvero quelli più prossimi alla Venezia insulare, ciò significa che in gran parte le persone che si trasferiscono lo fanno mantenendo il proprio centro di interesse di vita in loco. Ciò che spinge in gran numero le persone a lasciare la città è la possibilità di acquistare a prezzi più bassi a parità di qualità abitativa.

Questo è confermato anche negli ultimi studi del Coses (Consorzio per la ricerca e la formazione tra il Comune di Venezia e la Provincia di Venezia) e dell’Osservatorio casa del Comune di Venezia, effettuati prima che questi istituti venissero soppressi; in un’indagine effettuata con i fuoriusciti, è emerso che il 67% di loro sarebbe rimasto a vivere nella città storica se avesse trovato una casa che soddisfaceva le loro esigenze. E, a distanza di anni, l’esodo appare inesorabilmente legato alle condizioni del mercato immobiliare, come afferma l’81% degli intervistati che tornerebbero a vivere in città. Una quota rilevante di costoro è composta da giovani sotto i 35 anni di età.

Il tema casa, dunque, va rimesso al centro.

La nascita di un osservatorio civico indipendente sulla casa e la residenzialità

Dal 2014 il Comune di Venezia ha chiuso l’Osservatorio casa, uno strumento efficace che dal 1995 aveva informato i processi decisionali dell’amministrazione comunale per quanto riguarda le politiche abitative, permettendo una verifica della loro efficacia. Da quando questa esperienza si è esaurita, è venuto a mancare un supporto fondamentale per comprendere come stia cambiando la città e quali siano le azioni da intraprendere per contrastare le criticità più evidenti. È per colmare questa lacuna che nel 2019 è nato, in maniera indipendente, l’osservatorio civico Ocio, uno strumento analitico e politico per intervenire sui nodi principali della questione abitativa nella Venezia insulare. Il lavoro di Ocio si focalizza sull’accessibilità e trasparenza di dati e informazioni, sulla produzione di pubblicazioni indipendenti per monitorare ed eventualmente proporre la revisione di progetti e azioni dedicate alla residenzialità e al diritto alla casa. Vi partecipano cittadini e ricercatori (di professione e non) e vuole rappresentare un luogo di confronto, analisi e proposta.

Alla disamina degli elementi che definiscono i territori di intervento, sono tre le principali questioni che si intrecciano nel definire l’attuale insostenibilità della situazione abitativa nella Venezia insulare.

Il fenomeno più recente e palese è quello della graduale ma inarrestabile conversione a uso turistico degli alloggi residenziali, esploso negli ultimi anni con la liberalizzazione delle locazioni brevi turistiche e la nascita di piattaforme online come Booking e Airbnb. Questa evoluzione va imputata soprattutto allo sviluppo della ricettività extralberghiera in alloggi con destinazione d’uso residenziale, che copre più della metà dei posti letto offerti. A questo processo più evidente si sono affiancate due dinamiche più radicate nel tempo, che hanno influito in modo determinante su questa esplosione turistica, da una parte favorendola direttamente, dall’altra smantellando gli strumenti che avrebbero potuto costituire un possibile argine. Si tratta del disinvestimento nell’Edilizia residenziale pubblica (Erp) e del fallimento di quasi tutti i progetti di social housing annunciati negli ultimi 20 anni.

L’abbandono dell’Erp è in atto da almeno due decenni e rende ancora più critica la turistificazione degli spazi residenziali cittadini. La mancata manutenzione degli edifici, l’abbandono degli alloggi e l’alienazione del patrimonio pubblico sostanziano il disinvestimento in questa forma di tutela della residenza. Nelle capitali europee, l’edilizia residenziale pubblica copre all’incirca il 20% della richiesta locativa, svolgendo un ruolo di calmiere del mercato. Nella città di Venezia questo ruolo, al netto dell’eccezionale pressione del mercato turistico, non solo non viene svolto, ma pure l’esigua offerta, pari a circa la metà della media europea, è ulteriormente ridotta dalla crescente incidenza di abitazione sfitte.

L’edilizia convenzionata, cosiddetta social housing (Edilizia residenziale sociale, Ers), ha concentrato le politiche e le risorse dedicate alla casa negli ultimi decenni: si tratta di progetti che sulla carta prevedevano la realizzazione di abitazioni per residenti in aree o edifici pubblici inutilizzati attraverso patti e convenzioni pubblico-privato. Nella realtà, questi hanno di fatto consentito processi speculativi e di privatizzazione con benefici limitati o addirittura assenti per la residenzialità: diverse abitazioni realizzate secondo questa modalità ospitano oggi alloggi turistici, altre sono state sostituite da alloggi immessi nel mercato immobiliare privato, in locazione o in vendita. Molti di questi progetti si sono arenati o sono falliti soprattutto perché è venuta a mancare la funzione del “pubblico” a garanzia della loro realizzazione.

Lo squilibrio delle locazioni turistiche

Per poter davvero rimettere al centro la casa, è imprescindibile partire da quelle abitazioni sottratte al mercato residenziale (compravendita e locazione) per essere immesse nel circuito turistico, grazie all’affermazione delle piattaforme di intermediazione online. Si tratta ovviamente di quelle abitazioni destinate al mercato delle locazioni brevi, che costituiscono ormai una porzione considerevole dell’offerta ricettiva, pur mantenendo ufficialmente inalterata la loro nominale destinazione d’uso residenziale. Nella sola città storica, che a fronte di 50.577 residenti conta 48.081 posti letto turistici, le locazioni brevi contribuiscono all’offerta ricettiva con ben 20.338 posti letto secondo i dati elaborati da Ocio. Se a questo dato sommiamo le altre fattispecie di cui si compone il segmento degli alloggi privati destinati alla ricettività extra-alberghiera – vale a dire alloggi turistici, unità abitative classificate, unità abitative non classificate, affittacamere e residence – vediamo che, tutti gli alloggi privati coprono il 56% dei posti letto dell’offerta ricettiva complessiva, contribuendo significativamente alla sostanziale equivalenza tra posti letto turistici e attuali residenti.

Sempre con riferimento alla città storica, è importante osservare inoltre che la crescente professionalizzazione degli host e l’estensione del fenomeno vanno ben al di là delle classiche retoriche della sharing economy: l’82% degli annunci su Airbnb è per appartamento intero e solo il restante 18% per singola stanza; degli annunci per appartamenti, circa 2 su 3 (il 65%) sono riconducibili ad host che ne pubblicano più di uno. Ocio ha stimato che il 5% di questi ultimi ricavano il 34% degli utili generati attraverso la piattaforma, mentre solo il 26% degli host è non-commerciale e si divide solo il 3% degli utili. Questi dati non restituiscono l’immagine, solitamente propagandata da Airbnb e da molte associazioni di proprietari, della locazione turistica come occasione di integrazione del reddito familiare, quanto piuttosto dello svolgimento a tutti gli effetti di un’attività imprenditoriale a regime fiscale agevolato, perché spesso non inquadrata e regolata come tale. Ma oltre alla concentrazione della proprietà e all’industrializzazione di gestione e filiera (dal marketing, ai check-in, alle pulizie), lo scenario che si presenta è quello di una tendenziale riconversione del parco abitativo veneziano alla funzione di albergo diffuso.

L’incidenza in termini assoluti di appartamenti in locazione breve turistica mostra come l’irruzione dell’ospitalità tramite piattaforme abbia costituito un formidabile meccanismo di accrescimento della rendita, capace di sottrarre materialmente stock abitativo all’uso residenziale e di drogare il mercato degli affitti. La redditività media di un appartamento in locazione turistica manda ampiamente fuori mercato l’affitto a lungo termine, provocando da un lato l’impennata degli sfratti per fine locazione, dall’altra il sempre maggior ricorso da parte delle agenzie immobiliari a contratti transitori, che per definizione escludono i residenti. La breve parentesi pandemica, mentre rendeva evidente agli occhi di tutti quanto la città fosse fisicamente svuotata di abitanti e piena di finestre sprangate, non sembra però aver sedimentato un nuovo orientamento da parte dei decisori politici e delle categorie di proprietari, i quali salutano con impazienza il ritorno del business as usual

La domanda sociale di abitazioni di edilizia residenziale pubblica

Un indicatore della difficoltà di accesso ad alloggi economicamente sostenibili viene dalla lettura delle domande di Erp. L’ultimo bando emanato dal Comune di Venezia risale al 2019, prima della crisi pandemica, e non risponde quindi alle inevitabili e documentate accresciute necessità dovute al depauperamento economico delle famiglie. Rappresenta tuttavia uno specchio che riverbera l’immagine dei bisogni diffusi ai quali una mancata risposta non farà che alimentare quell’esodo descritto in apertura di questo articolo.

Già la distribuzione delle 2.226 domande è un segnale della difficoltà delle famiglie alle prese con il mercato privato: dalla Venezia insulare emerge una più marcata tensione abitativa che spinge una quota più consistente di famiglie a chiedere un alloggio popolare, il 23,3‰ contro il 15,9‰ di quelle di terraferma. L’analisi disaggregata dei punteggi di graduatoria mette in evidenza condizioni socioeconomiche dei richiedenti estremamente critiche: ben il 64% presenta un indicatore Isee-Erp sotto i 10.000 euro, la metà del massimo previsto per la partecipazione al bando; di questi, il 61% sono nuclei poveri, che non raggiungono i 6.000 euro di Isee-Erp. 

Ma dove e come vivono i richiedenti? Circa 1/3 di loro presenta una condizione abitativa estrema: o sono privi di un alloggio, o soggetti a sfratto esecutivo, o presentano una situazione di grave disagio. Tra i senza casa (il 15% dei richiedenti), il 33% ne è privo da almeno un anno e gli altri sono accolti a titolo provvisorio in dimore temporanee. Pur con tutte le cautele dovute alla mancanza di ulteriori informazioni, possiamo ipotizzare che all’interno di questa tipologia si collochino nuclei tra loro molto diversi per storia familiare e abitativa: senza fissa dimora, impossibilitati all’uso dell’abitazione a seguito di separazione o divorzio, dimessi dal carcere o da istituti per minori, donne sole o con figli costrette ad abbandonare l’abitazione in seguito a maltrattamenti. Una tipologia quindi emergenziale, che spesso richiede anche processi di accompagnamento e di guida verso l’autonomia.

Le famiglie su cui pende uno sfratto esecutivo sono il 4% dei richiedenti; questa è l’area della precarietà abitativa, che può trasformarsi in esclusione qualora lo sfratto venga eseguito e non intervenga l’assegnazione di un alloggio pubblico. Il 13% dei nuclei vive in coabitazione forzata con altre famiglie e, in misura contenuta, in alloggi insalubri, sovraffollati, con barriere architettoniche. Tra i nuclei poveri la condizione abitativa è nettamente peggiore rispetto al quadro generale, già di per sé particolarmente critico: tra questi nuclei, uno su cinque è senza casa e un ulteriore 15% vive in condizioni molto critiche. 

Non sappiamo invece quanti nuclei paghino fitti eccessivamente onerosi rispetto al reddito perché, a differenza dei bandi precedenti, il sovraccarico dei costi relativi alla casa paradossalmente non è tra le condizioni che danno diritto a punteggio: per avere un’idea della sua rilevanza dobbiamo tornare alla graduatoria precedente: un terzo dei richiedenti pagava un canone di affitto superiore al 50% del reddito. Risulta invece sovradimensionato il punteggio che premia gli anni di residenza in Veneto e a Venezia che, nelle fasce alte della graduatoria, contribuisce per oltre 1/3 al punteggio totale, rendendo aleatoria la possibilità di ordinare le domande secondo un ragionevole criterio di gravità del disagio socioeconomico e abitativo vissuto dai richiedenti.

Il patrimonio abitativo pubblico 

Quanto e come viene soddisfatta l’urgente domanda di casa che si esprime attraverso tante forme, dall’esodo alla partecipazione ai bandi? 

A Venezia il patrimonio abitativo di proprietà di Enti pubblici è pari a poco meno di 10.500 unità immobiliari, gestite pressappoco a metà dal Comune e dall’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (Ater, di competenza regionale). Una quota consistente, e crescente, di questi alloggi sono però sottratti alla locazione in quanto sfitti, in gran parte perché degradati e in attesa di interventi manutentivi.

Nel patrimonio comunale gli alloggi vuoti a febbraio 2021 assommano a 1.001 unità; tra questi, quelli sfitti perché degradati sono pari al 14%, valore in aumento rispetto al 2017.

Per quanto riguarda Ater, l’Azienda dal 2017 non pubblica l’elenco dei propri alloggi, ma dall’analisi dei bilanci consuntivi si ricava che nell’intera Città metropolitana di Venezia (quindi sull’intero territorio provinciale che conta quasi 850.000 abitanti), nel 2020 è proprietaria di 9.752 abitazioni e, di queste, il 21% è sfitto. Anche qui un aumento considerevole: nel 2010 erano 4 ogni 100, nel 2020 sono 1 ogni 5. Qualora applicassimo la quota di sfitto registrata nella Città metropolitana al patrimonio Ater localizzato nel Comune di Venezia, a livello comunale gli alloggi vuoti sarebbero circa un migliaio.

Una stima prudenziale ci porta quindi a quantificare in almeno 1.600 le abitazioni di proprietà pubblica sfitte nell’intero Comune.

Finanziamenti e interventi pubblici nell’edilizia abitativa 

A dimostrazione della volontà di un progressivo abbandono dell’intervento pubblico nell’edilizia abitativa, basti osservare che dal 2010 Comune e Ater si sono limitati alla manutenzione diffusa del proprio patrimonio – con interventi urgenti o comunque indifferibili nel tempo – e al ripristino degli alloggi sfitti.

Per queste attività il Comune di Venezia ha stanziato 46 milioni di euro, utilizzando in larga misura i trasferimenti dello Stato e quelli Pon-Metro provenienti dall’Unione Europea. Gli stanziamenti da bilancio comunale coprono meno di ⅓ dei finanziamenti e nella città insulare scendono ulteriormente, al 12%. L’insieme di questi finanziamenti ha consentito la rimessa a reddito di 910 alloggi sfitti, 83 in media all’anno.

Nello stesso periodo, gli investimenti di Ater assumono un andamento costantemente decrescente: nel 2010 erano pari a 14 milioni di euro, nel 2020 sono crollati a 3,5. L’Azienda ha rimesso a reddito 765 abitazioni non assegnate, localizzati in tutti i comuni della Città metropolitana, una sessantina all’anno.

Gli alloggi pubblici vuoti riassegnati in seguito a lavori di ripristino, poco più di un centinaio l’anno, rappresentano oggi la totalità dell’offerta abitativa pubblica disponibile per far fronte alla domanda di Erp, un’offerta del tutto incompatibile con la dimensione, la gravità e l’urgenza del disagio socioeconomico e abitativo espresso dai richiedenti.

Il fallimento dell’edilizia convenzionata e la valorizzazione privata di aree e immobili

I progetti di edilizia convenzionata, a Venezia, anticipano di qualche anno la formalizzazione normativa del cosiddetto social housing. Dai primi anni 2000, infatti, le giunte che si sono susseguite al governo della città annunciano progetti che si possono considerare di edilizia residenziale sociale. Nella città insulare, ciò ha favorito la commistione tra operatori pubblici e privati per aumentare l’offerta immobiliare, sia in locazione che in proprietà, ai residenti. Questi progetti si collocano – o dovrebbero collocarsi – tra l’edilizia popolare e il mercato immobiliare privato dovendo garantire l’accesso a un alloggio dignitoso a quella fascia di popolazione che non può accedere ai bandi Erp ma che non riesce ugualmente ad acquistare o sostenere un canone d’affitto di un appartamento a prezzi di mercato. 

Nella Venezia insulare, il dato che emerge a più di vent’anni di distanza, è la forte discrepanza tra annunci programmatici (oltre 4.000 unità abitative) e presentazione di diversi progetti e loro realizzazione definitiva (poco più di un centinaio). In realtà, nonostante in Italia l’offerta residenziale sociale sia molto bassa (recenti studi attestano un numero di abitazioni pari a 5 per 100 famiglie, contro una media europea di 16 abitazioni per 100 famiglie), i progetti di edilizia convenzionata potrebbero rivelarsi efficaci nell’ottica di un ripopolamento e ringiovanimento della città, garantendo alla popolazione residente che corrisponde a determinati criteri (età, fasce di reddito, ecc.) l’accesso ad alloggi a canone o prezzo di vendita convenzionato. Quando si parla di edilizia sociale si fa riferimento, infatti, anche al recupero di edifici dismessi e/o abbandonati, alla sostenibilità energetica, alla socializzazione con la progettazione di spazi condivisi. Questi progetti prevedono l’intervento di attori diversi (Società di gestione del risparmio, fondazioni bancarie, ex Istituti autonomi per la case popolari, società partecipate dai Comuni) per finanziare i complessi abitativi, col ruolo fondamentale dell’amministrazione comunale ai fini di pianificazione, realizzazione e assegnazione degli alloggi, determinante a garanzia dell’efficacia delle politiche Ers. Nella realtà, a Venezia da troppi anni, questo tipo di interventi non hanno prodotto risultati.

In breve, due esempi di progetti che potremmo definire in perdita per la cittadinanza.

Isola della Giudecca, area “Ex Scalera Film”: Versa in stato di abbandono il complesso residenziale adiacente il Molino Stucky. Nell’aprile 2010 l’accordo tra il Comune di Venezia e l’Acqua marcia immobiliare Srl prevede che alla trasformazione in albergo di lusso dell’ex Molino si compensi con la cessione a prezzo calmierato ai residenti veneziani di 25 su 50 nuovi alloggi nell’area adiacente. Nel 2012 però la società dichiara fallimento. L’impresa costruttrice che vanta crediti non pagati, sospende i lavori e lascia il cantiere. Nel 2013 l’immobile viene messo all’asta. Gli alloggi, quasi in fase di ultimazione, sono tuttora abbandonati; l’albergo invece lautamente operativo.

Isola di Sant’Elena, area ex cantieri navali dell’Azienda di trasporto pubblico locale (Actv): Già nel 2003 si parla della realizzazione in quest’area di 110 alloggi sociali. Il numero di appartamenti triplica cinque anni dopo (2008), quando la Giunta annuncia il progetto definitivo per 350 alloggi a canone calmierato da destinare ai residenti. Nel 2012 si inizia a parlare di negozi, uffici, di un supermercato e di un possibile albergo accanto alla realizzazione di alloggi sociali, che scendono a 250. Nel 2018, anno in cui l’area viene effettivamente liberata dal cantiere, gli alloggi sociali spariscono dagli annunci per lasciare il posto ad appartamenti di lusso. Nel 2020 la società Invimit, cui il Demanio ha ceduto l’area, presenta effettivamente il progetto per la realizzazione di un complesso residenziale di lusso. Tuttavia, sull’area insistono vincoli urbanistici, tra cui interventi di edilizia residenziale pubblica, che però la giunta si premura di sollevare con una variante in cui si afferma che quegli interventi riflettono “un’impostazione che si riferisce a scenari passati oggi non più replicabili”.

Dalla residenza pubblica al social housing

Dato che l’Erp è “il passato”, oggi a Venezia gli alloggi disponibili di proprietà pubblica, acquisiti al patrimonio senza usufruire di contributo pubblico, il cosiddetto patrimonio Non Erp, che fino a qualche tempo fa erano utilizzati per le finalità proprie dell’Edilizia residenziale oubblica, vengono utilizzati per social housing

La distinzione tra Erp e Non Erp non è più quindi meramente amministrativa, ma diviene dirimente nella scelta della destinazione sociale delle abitazioni. Questo problema è particolarmente presente nel patrimonio comunale, dove 6 abitazioni su 10 sono classificate Non Erp e diviene molto critico nella Venezia insulare: qui il Non Erp conta 1789 abitazioni su un totale di 2565. 

A giugno 2021 la Giunta Comunale emana quattro bandi social housing per la locazione di 64 alloggi Non Erp localizzati nella Venezia insulare, da affittare a canone concordato con una riduzione del 10% o del 20%, a seconda della localizzazione. I requisiti economici di ammissione fissati prevedevano un Isee compreso tra 8.000 e 25.000 euro, ammettendo quindi anche nuclei che avrebbero diritto all’Erp. 

A misura del bisogno alloggiativo che insiste in città, ben un quarto delle 326 domande presentate sono state escluse per mancanza dei requisiti richiesti, ⅔ delle quali è per Isee troppo basso. Ciò significa che decine di famiglie povere, costrette dal bisogno, sarebbero state disposte a pagare un canone, seppur inferiore a quello di mercato, ben più elevato di quanto possano permettersi senza comprimere i bisogni primari. Non solo, ma tra i 243 nuclei ammessi nelle graduatorie, ben 171 presentano un Isee inferiore a 15.000 euro annui. In sintesi, almeno il 70% circa di tutti i richiedenti avrebbero un Isee compatibile con la partecipazione ai bandi per l’assegnazione di alloggi di Edilizia residenziale pubblica. Queste diffuse insufficienze economiche sono ancora più rilevanti tra i 57 potenziali assegnatari degli alloggi: tra questi, 53 hanno un Isee compresa tra 8.000 e 15.000 euro.

La tendenza a “dirottare” le famiglie bisognose di alloggio a prezzi calmierati dall’Erp verso il social housing si è rafforzata nel dicembre 2021, quando la giunta comunale ha approvato i criteri di assegnazione di 36 alloggi a “canone concordato”, stavolta localizzati nella terraferma veneziana. Per la partecipazione al bando, l’Isee minima familiare è stata abbassata da 8.000 a 6.000 euro. Ricordiamo che con un Isee fino a 6.000 euro una famiglia è considerata povera e può accedere al reddito di cittadinanza, mentre per l’amministrazione comunale sopra questa soglia, entra a far parte del “ceto medio”. Non è difficile prevedere che, come nella Venezia insulare, anche a questi bandi parteciperanno famiglie con redditi modesti, che probabilmente hanno partecipato al bando Erp del 2019, sono in graduatoria, ma non hanno ottenuto un’assegnazione.

Alcune indicazioni finali

Non è pensabile affrontare il nodo della residenza lasciando campo libero a un mercato speculativo, dove il proliferare di affittacamere e alloggi turistici sottrae spazi sempre più ampi alla residenza stabile, spinge verso l’alto i costi degli affitti e i prezzi di compravendita e genera una domanda abitativa che va ben oltre i tradizionali fruitori dell’Erp.

Per questo motivo, ci siamo fatti promotori, tra gli altri, di una proposta di legge nazionale che aspira a colmare l’attuale vuoto normativo in tema di locazioni brevi turistiche. L’idea di fondo è quella di consegnare alle amministrazioni dei Comuni ad alta tensione abitativa – quelli cioè che per legge evidenziano già l’esistenza di un disagio abitativo – uno strumento con il quale bilanciare la diffusione di questa forma di ricettività con le esigenze della residenzialità. Al centro della proposta si colloca l’introduzione di una soglia massima degli immobili che possono essere dati in locazione breve, calcolata sulla base del rapporto tra posti letto e residenti. Fissata la soglia (eventualmente anche differenziando per zone), il Comune dovrà procedere con l’assegnazione ai richiedenti di autorizzazioni di durata quinquennale per l’esercizio della locazione breve turistica, privilegiando i piccoli proprietari. Lo scopo finale è quello di creare un rapporto equilibrato tra interessi della proprietà ed esigenze degli abitanti, riducendo la pressione degli affitti brevi sul mercato immobiliare residenziale.

Appare evidente che una risposta congrua alla domanda abitativa necessiti anche di politiche che vadano oltre la normale amministrazione del recupero degli alloggi pubblici vuoti, andando ad attivare tutti gli strumenti a disposizione dell’operatore pubblico, in modo integrato, coerente e complementare, utilizzando al meglio le risorse messe a disposizione in particolare dal Recovery plan, dalla Legge speciale per Venezia, dai fondi per l’efficienza energetica degli edifici, dal Pon Metro.

Ma, soprattutto, è indispensabile incrementare l’offerta pubblica di Erp, ma anche di edilizia convenzionata e a canone calmierato, da realizzare all’interno di programmi di recupero di aree e edifici dismessi (che non mancano a Venezia), con l’obiettivo di coniugare l’inclusione sociale con la riqualificazione urbana e ambientale di zone oggi abbandonate, riconsegnandole alla fruizione della città, senza delegare a fondi immobiliari e società finanziarie private la loro “valorizzazione”. Il ruolo dell’amministrazione comunale nella pianificazione, realizzazione e assegnazione degli alloggi deve restare determinante per garantire l’efficacia di tali politiche.

Bibliografia e sitografia

  • Sulla questione abitativa:

Caritas italiana, «Casa e abitare nel PNRR. Analisi e prospettive», in Quaderni sulla Ripresa e Resilienza del Paese, n. 1, marzo 2022.

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M. Filandri, V. Moiso, «L’insostenibile peso dell’abitare. Un’analisi sulla relazione tra povertà e housing affordability in Italia», in La rivista delle Politiche sociali, n.4, 2018.

L. Fregolent, R. Torri (a cura di), L’Italia senza casa: bisogni emergenti e politiche per l’abitare, FrancoAngeli, Milano 2018.

Istat, Indagine sul reddito e le condizioni di vita (Eu-Silc) 2019.

G. Lamanna, La casa negata: questione abitativa e trasformazioni urbane, Futura edizioni, Roma 2014.

G. Storto, La casa abbandonata. Il racconto delle politiche abitative dal piano decennale ai programmi per le periferie, Officina Edizioni, Roma 2018.

M. P. Guermandi, U. D’Angelo (a cura di), Il diritto alla città storica, atti del Convegno (Roma, 12 novembre 2018), Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, 2019. 

  • Sulla residenza pubblica a Venezia:

F. Fava, L. Fregolent, «Report dal fronte casa. Storie, quantità e prospettive della residenza pubblica Venezia», in Archivio di studi urbani e regionali, n.125, 2019.

«Finanziamenti e interventi sul patrimonio abitativo di proprietà comunale, 2010–2019», «Ater Venezia: l’abbandono dell’edilizia residenziale pubblica nella città storica», «La graduatoria E.R.P. a Venezia. Caratteristiche socioeconomiche e condizione abitativa dei richiedenti nel bando E.R.P. del Comune di Venezia (anno 2020)», medium.com/ociovenezia.

I fascicoli dei numeri degli anni dal 1995 al 2014 dell’Osservatorio casa del Comune di Venezia sono stati digitalizzati e pubblicati su ocio-venezia.it. 

  • Sulle locazioni brevi turistiche a Venezia:

Dati aggiornati per la città di Venezia su ocio-venezia.it.

La proposta di legge nazionale per la loro regolamentazione promossa dalla campagna Alta tensione abitativa è pubblicata su altatensioneabitativa.it.

Le due inchieste di Ocio su due conglomerati di locazioni brevi turistiche nella città storica:

«Campo San Zan Degolà a Santa Croce (Venezia): un luogo dimenticato dalla calca… ma non dagli speculatori», «Castello e Corte delle Colonne: quell’indotto veneziano che…prende il volo per l’Atlantico», medium.com/ociovenezia. 

G. M. Salerno, A. P. Russo, «Venice as a short-term city. Between global trends and local lock-ins» in Journal of Sustainable Tourism, 2020, pp. 1040-1059.

Ocio, «Tutelare il diritto all’abitare: alcune proposte per garantire l’offerta di alloggi», chefare.com, 14 gennaio 2021.

  • Sulle locazioni brevi turistiche, la turistificazione delle città e il fenomeno Airbnb:

Dati aggiornati su insideairbnb.com/.

F. Celata, A. Romano, «Overtourism and online short-term rental platforms in Italian cities», in Journal of Sustainable Tourism, 2022, pp.1020-1039. 

A. Esposito, «La città turistica e la ristrutturazione digitale della rendita urbana», in I. Blečić, L. Fregolent (a cura di), Il futuro della rendita, Archivio Studi Urbani e Regionali (ASUR)», 2020,

S. Gainsforth, «Inside Airbnb: dentro il capitalimo digitale», Il Manifesto, 14 aprile 2018.

S. Gainsforth, Airbnb città merce. Storie di resistenza alla gentrificazione digitale, DeriveApprodi, Roma 2019.

S. Picascia, A. Romano, M. Teobaldi, «The airification of cities. making sense of the impact of peer to peer short term letting on urban functions and economy», in Proceedings of the Annual Congress of the Association of European Schools of Planning, 2017, pp.2212-2223.

A. P. Russo, «Non più casa della nonna», in Il Mulino, 14 febbraio 2022.

G. M. Salerno, Per una critica dell’economia turistica Venezia tra museificazione e mercificazione, Quodlibet, Roma 2020.

  • Sullo spopolamento della città di Venezia

Comune di Venezia-Servizio Statistica e Ricerca, «Dinamiche demografiche a Venezia. Anno 2017», comune.venezia.it.

C. Zanardi, La bonifica umana. Venezia dall’esodo al turismo, Edizioni Unicopli, Trezzano S/N 2020

GLOSSARIO VENEZIA

Nell’articolo distinguiamo:

  • Comune di Venezia: l’intero territorio comunale che comprende la città storica, le isole, il litorale e la terraferma in cui risiedono 254.449 abitanti (secondo i dati dell’Ufficio Statistica del Comune di Venezia aggiornati al mese di marzo 2022).
  • Città storica: i sei sestieri veneziani più l’isola della Giudecca – in cui risiedono 50.154 abitanti 
  • Venezia insulare: la città storica più le isole (Murano, Burano, Vignole e Sant’Erasmo e il Litorale, quindi il territorio del Lido e di Pellestrina) in cui risiedono complessivamente 76.874 abitanti
  • Terraferma: il territorio comunale, esclusa la città storica e le isole, in cui risiedono 177.575 abitanti

La Città metropolitana comprende il territorio provinciale veneziano (il Comune di Venezia, quello di Chioggia, i territori di Cavarzere e Cona, la Riviera del Brenta, il Miranese, il Sandonatese e il Portogruarese). L’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale di Venezia (ATER Venezia) opera sul territorio della Città Metropolitana.