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La Writers Guild of America e noi

Alla fine dell’anno scorso il gruppo di ricerche di Acta pubblicava presso la Fondazione Brodolini un e-book con i risultati di un’indagine presso i lavoratori autonomi dell’audiovisivo e dell’editoria libraria. Il primo capitolo era dedicato al fenomeno delle cosiddette Ott (Over The Top) la nuova generazione di aziende per la produzione e la distribuzione su piattaforma di contenuti audiovisivi.

Ci troviamo di fronte a una nuova tipologia di Leviatani, la cui forza finanziaria e di mercato si affianca a quella dei signori della rete, capaci di trattare big data. Le Ott si muovono su un’altra dimensione rispetto al broadcasting tradizionale, non hanno bisogno di una propria costosa infrastruttura come Sky, Mediaset; si muovono sul web, producono, per esempio, un film e lo distribuiscono simultaneamente in 190 paesi. Il grande pubblico forse non ha ancora percepito il salto di qualità, non ha ancora messo a fuoco le Ott, avrà cominciato a farlo, magari, dopo aver visto quella scena dell’ultimo film di Moretti “Il sol dell’avvenire”, quando il protagonista (un regista) va a parlare con uno dei suoi possibili produttori, Netflix, appunto una Ott.

Il conflitto, ancora una volta, dimostra la sua capacità di denudare il re. Cosa siano veramente le Ott lo ha “rivelato” lo sciopero della Writers Guild of America (Wga), comunemente chiamati “gli sceneggiatori di Hollywood”. In realtà si tratta di tutti quei professionisti che in un modo o nell’altro concorrono alla realizzazione di un contenuto audiovisivo. Sono alla tredicesima settimana di sciopero e le Ott non accennano a cedere. Sono entrati in lotta al loro fianco gli attori del sindacato Sag-Aftra (Screen Actors Guild e l’American Federation of Television and Radio Artists). E le Ott non accennano a cedere.

Malgrado la cassa di resistenza sia ancora ben fornita – attorno a loro si è creata una grande solidarietà – si dice che a ottobre molti iscritti alla Wga saranno alla fame. Non vogliamo pensare cosa significherebbe la sconfitta di questo sciopero che, proprio per le caratteristiche della controparte, riteniamo “epocale”. La deludente conclusione dello sciopero dei 340 mila autisti di Ups non lascia sperare nulla di buono.

Noi di Officina Primo Maggio ci sentiamo – culturalmente, emotivamente – molto coinvolti da questa lotta, ci ricorda Pittsburgh, Detroit… il fordismo. Qui siamo oltre il postfordismo, oltre la Gig economy, qui sono in gioco la nostra percezione, i nostri sensi, i nostri processi di apprendimento, la nostra mente. Altro che entertainment!