Conflitti,  Lavori,  Numero 1. Maggio 2020

Insegnare con le macchine

Le scuole di lingua nell’economia delle piattaforme

Pubblichiamo la testimonianza di un lavoratore della Wall Street English raccolta dalla redazione di OPM sulla piattaforma di rivendicazioni degli e delle insegnanti di inglese per la difesa del lavoro e del salario. Il lavoratore preferisce presentarsi con il suo pseudonimo, Dilettante.

Ci puoi dare un quadro sintetico sulla presenza di WSE in Italia e di come è inquadrato il personale?

Wall Street English (WSE) è un’azienda nata nel 1972 a Milano e vende formazione linguistica per adulti. Attualmente conta una decina di scuole sotto il diretto controllo della proprietà e oltre settanta scuole in franchising. L’azienda inquadra i suoi dipendenti utilizzando il contratto ANINSEI, che regola le condizioni di lavoro di diversi tipi di scuole private (dagli asili ai convitti). Prima del 2012 le e gli insegnanti impiegati erano assunti con contratti a progetto; costretta dalla legge cosiddetta Fornero, WSE siglò un contratto integrativo con i sindacati CGIL-CSIL-UIL-SNALS e assunse tutti gli insegnanti con un contratto part-time a tempo indeterminato inquadrato nel IV livello dell’Area Prima – quella del personale amministrativo. Il CCNL ANINSEI stabilisce che a docenti di scuole private sia invece conferito il V livello nell’Area Seconda, quella dei servizi educativi. È importante sottolineare che nel 2012 non esistevano insegnanti sindacalizzati in WSE e la fotografia che fu scattata sul loro lavoro vide emergere, negli accordi sindacali, un profilo più simile all’assistente di laboratorio che al docente vero e proprio. Ovviamente tale fotografia era truccata e cancellava il lavoro pedagogico reale che gli insegnanti hanno sempre svolto con gli studenti per sviluppare le loro competenze linguistiche.

Per quale ragione vi siete messi in agitazione e cosa avete chiesto? Vi siete auto-organizzati, avete chiesto il sostegno di un sindacato?

Subito dopo la firma del primo accordo integrativo del 2012 ci fu un tentativo auto-organizzato dagli insegnanti – e ne esiste una testimonianza online – di mobilitarsi contro la riduzione salariale che il nuovo inquadramento avrebbe causato; tuttavia quel primo tentativo fallì. L’inquadramento al IV livello del CCNL ANINSEI ha infatti comportato una sensibile contrazione salariale sia rispetto al V livello (9 euro l’ora contro 14), sia rispetto al trattamento economico che gli insegnanti ricevevano precedentemente, quando erano freelance contrattualizzati con un CO.CO.PRO. (che d’altra parte non comprendeva ferie, tredicesime né altri trattamenti differenziali).

La mobilitazione del 2018 è nata proprio per trasformare una condizione contrattuale che non coincideva con il lavoro vivo, le mansioni e responsabilità che venivano richieste ed erogate dagli insegnanti di WSE i quali, fondamentalmente, svolgono un lavoro pedagogico ed educativo non diverso da quello di un insegnante di lingue tradizionale. Il cuore della nostra battaglia è stato dimostrare che la piattaforma di e-learning, attorno a cui è incardinato il progetto di formazione linguistica di WSE e ha giustificato il nostro sotto-inquadramento, richiede il lavoro educativo-pedagogico tradizionale proprio di un insegnante di lingue. Per poter svolgere il ruolo di insegnante in WSE l’azienda richiede infatti una padronanza della lingua inglese pari a quella di un madrelingua, nonché certificazioni peculiari e molto costose, pari a quelle di tutte le altre scuole di lingua. D’altra parte WSE ha implementato un sistema di formazione linguistico standardizzato che fa ampio uso di tecnologia multimediale – video ed esercizi di comprensione accessibili tramite la sua piattaforma proprietaria – che prescrivono un’organizzazione del lavoro seriale e ripetitiva in cui il controllo sull’erogazione dei contenuti linguistici e lo sviluppo delle competenze di linguaggio sono in parte mediati da una macchina, in parte da altro personale amministrativo della scuola. Nel 2018 noi insegnanti di WSE Milano ci siamo rivolti, non senza diffidenze, alla FLC-CGIL a cui abbiamo dato la delega per far partire la nostra vertenza. Al momento siamo riusciti a sindacalizzare insegnanti in cinque scuole del gruppo, tra Milano, Genova e Firenze.

Come ha reagito la controparte, su cosa è disposta a trattare e su cosa non vuole cedere?

Per la prima volta nella sua quarantennale storia Wall Street English ha visto i propri dipendenti sindacalizzarsi: ciò è potuto accadere perché gli insegnanti erano stati assunti con un contratto a tempo indeterminato e potevano effettivamente essere soggetti titolari di diritti sindacali. Per l’azienda tutto questo è stato insieme uno shock e un tradimento: nessuno si aspettava che una forza lavoro poco numerosa ed estremamente fluttuante potesse organizzarsi e agire collettivamente per affermare i propri diritti.

WSE ha in un primo momento cercato di tutelarsi in maniera grottesca, trasformando nel proprio sito internet la parola “insegnante” in “tutor” e sterilizzando ogni comunicazione interna in cui fosse usata la stessa parola insegnante. In seconda battuta l’azienda – che ha un turnover di insegnanti molto intenso – ha cambiato la propria politica delle assunzioni: prima della sindacalizzazione, ai nuovi assunti veniva offerto un contratto della durata di sei mesi poi convertito in indeterminato; successivamente tutti i nuovi insegnanti sono stati assunti con un contratto a progetto o tramite partita IVA. Questo ha bloccato la possibilità di estendere la sindacalizzazione, riducendo anche il monte ore che veniva a noi affidato: di conseguenza, lavorando meno ore, abbiamo ricevuto meno salario; tutti i nuovi corsi sono stati affidati ai nuovi assunti con contratti CO.CO.PRO. e partite IVA insensibili o impossibilitati a qualsiasi forma di sindacalizzazione. L’azienda ha creato un cordone sanitario attorno agli iscritti al sindacato e attraverso l’uso di lavoro precario e senza diritti sindacali ha bloccato l’estensione della mobilitazione degli insegnanti.

Il coordinamento tra insegnanti e sindacato ha prodotto uno sciopero e l’emersione della nostra vicenda su due testate nazionali (grazie anche all’aiuto di Potere al Popolo! Milano)[1].

Tali azioni sono state estremamente efficaci e hanno generato il risultato auspicato: a dicembre 2019 abbiamo aperto un tavolo di trattativa. L’ipotesi di accordo raggiunto riconosce una maggiorazione salariale diretta per tutte le oltre ottanta scuole del gruppo; abbiamo inoltre ottenuto un aumento della quota di salario per ferie e festività, ma questo solo per le e gli insegnanti che dipendono direttamente da WSE e non per le sedi in franchising. Ciò che non siamo riusciti a intaccare è l’organizzazione del nostro impiego, che era e rimane soggetto a un regime di part-time parzialmente involontario e completamente piegato su una flessibilità di cui gli insegnanti pagano il fio, sia in termini economici (se lo studente cancella la sua lezione il giorno prima l’insegnante non viene pagato), che propriamente organizzativi: infatti i nostri turni sono regolati senza limiti attorno a blocchi di ore discontinue e lezioni serali – che arrivano sino alle 21 per cinque giorni su sei.

Quali insegnamenti avete tratto da questa esperienza per quanto riguarda l’impiego di determinate tecnologie?

Apprendere e padroneggiare una lingua straniera è una sfida cognitivamente complessa e la relazione educativa che si stabilisce tra docente e discente è un fattore determinante per lo sviluppo di competenze linguistiche avanzate, specie per un adulto.

Wall Street English ha sviluppato il proprio sistema di apprendimento della lingua attorno a quello che viene denominato paradigma del Blended Learning, ovvero apprendimento misto o ibrido. Nella ricerca educativa tale paradigma si riferisce a un mix di ambienti d’apprendimento che combina il metodo tradizionale frontale in aula (in presenza di insegnanti) integrato con attività mediata dal computer e/o da sistemi mobili (come smartphone, tablet o computer). WSE eroga corsi di lingua inglese basati sul Communicative Method organizzati da una parte sull’utilizzo di una piattaforma di elearning e dall’altro sull’impiego di insegnanti che svolgono lezioni in presenza con gli studenti, non diversamente da altre scuole. Se da un lato il ruolo educativo dell’insegnante all’interno del sistema WSE fornisce un valore  aggiunto  imprescindibile, sia nel programma didattico che nel marketing dell’azienda, è pur vero che tale offerta formative-linguistica è strutturata attorno alla dinamica cliente-prodotto: ma qui il “prodotto” non è il sapere degli insegnanti, bensì il sistema proprietario di WSE attorno a cui è incardinato sia il progetto di studio dello studente che il lavoro dell’insegnante.

Questo ha due effetti principali. Da una parte, all’interno dell’offerta WSE lo studente incontra l’insegnante in una porzione di tempo limitato, dal momento che l’azienda mira a intensificare il contatto tra studente e piattaforma piuttosto che l’interazione frontale con l’insegnante. In tal modo le ore di docenza effettivamente erogate diminuiscono e quindi anche i costi del lavoro vivo per l’impresa.

Dall’altra parte l’insegnante è costretto a operare principalmente dentro i confini del progetto formativo standardizzato di WSE, cioè un insieme di lezioni preconfezionate: il docente infatti deve allinearsi a quello che lo studente svolge sulla piattaforma online, inoltre lavora in presenza con studenti sempre diversi, secondo gli appuntamenti fissati da un manager in base al numero degli studenti attivi sulla piattaforma. Il lavoro diventa ripetitivo e monotono, l’insegnante viene spogliato del suo tradizionale ruolo di maieuta, facilitatore ed educatore perché il suo sapere è stato da una parte sussunto nella piattaforma e dall’altra spezzettato in diverse fasi e ruoli su cui non ha alcun controllo. Questa forma di micro-management del lavoro cognitivo dell’insegnante attrae una forza lavoro precarizzata e socialmente fragile che non profonde nell’insegnamento alcun senso di vocazione e si rende quindi completamente subalterna a un ambiente lavorativo di cui gli sfuggono regole e dinamiche.

Quali difficoltà avete incontrato nel convincere i colleghi ad aderire alla vertenza?

Date queste condizioni oggettive ciò che è accaduto a Milano ha del miracoloso. La maggioranza degli insegnanti ha infatti aderito istantaneamente alla piattaforma di rivendicazioni. Dal momento che eravamo stati inquadrati come tutor, ma tutti in realtà ci percepivamo come insegnanti, il richiamo alla ferita inferta alla nostra professionalità ha generato un riscontro effettivo e dirompente. Il primo ostacolo è stato invece sindacalizzare da zero e farlo in una seconda lingua. Non abbiamo infatti solo dovuto veicolare i contenuti della vertenza; si è trattato di una vera e propria alfabetizzazione sindacale al linguaggio dei diritti sociali, che è naturalmente ostile alla prosa dell’opinione comune nella società in cui viviamo. In più c’è da aggiungere che l’ambiente lavorativo non accoglie nessuna forma di socializzazione tra gli insegnanti che non sia la mera erogazione delle ore lavorative. I centri dell’azienda sono disegnati con stanze dai vetri trasparenti che non permettono alcuna discrezione: si è infatti costantemente esposti allo sguardo dei propri superiori. Tutta la fase preliminare preparatoria e funzionale alla sindacalizzazione è avvenuta in spiragli di tempo e in luoghi improvvisati fuori dall’ufficio.

In questi frangenti si era costretti a spiegare a colleghi e colleghe, con cui fino ad allora si era scambiato solo qualche cenno di saluto, che sarebbe stato necessario iscriversi al sindacato. È stato un processo lungo e faticoso, ma abbiamo creato una comunità di lavoratori più coscienti e consapevoli in un settore abitualmente alieno e ostile alla sindacalizzazione. Ciò che invece non ci è riuscito di fare è stato estendere il nostro messaggio al resto degli insegnanti nelle altre città italiane in cui WSE è presente. Fiumi di email, telefonate, viaggi, non sono serviti a persuadere i colleghi e le colleghe che saremmo stati più forti insieme e ne saremmo usciti tutti in una condizione migliore. Ciò credo sia dovuto a due principali fattori, al netto di quell’atmosfera culturale di cui parlavo più sopra che ci rende tutti “poliziotti di noi stessi”. Il settore della formazione linguistica privata soffre di una intrinseca fragilità e ciò si riflette nella natura intermittente e iper-flessibile del lavoro dell’insegnante privato: per molti questa non è una carriera in cui investire, ma un momento di passaggio verso un’altra meta. E poi c’è il senso di precarietà generalizzato, che è particolarmente destabilizzante per chi insegna in Italia provenendo da altre nazioni: spesso chi fa questo lavoro in un paese straniero è diffidente rispetto a forme di conflitto che vengono percepite come troppo onerose per la propria condizione di “ospite” in un paese diverso dal proprio. Infine, è necessario aggiungere che la dislocazione geografica diffusa di una azienda come questa rende oggettivamente difficile creare legami di solidarietà tra lavoratori che non si conoscono e non vivono nello stesso spazio. Abbiamo imparato che il lavoro sindacale è prima di tutto un’opera di cura e di ascolto che richiede tempo, competenza, studio, responsabilità e auto-disciplina. E questa costellazione esistenziale è sempre più difficile da creare, custodire e nutrire nel tempo che stiamo attraversando.


[1] Si veda: Wall Street English, “noi insegnanti inquadrati come personale amministrativo. E da quando protestiamo ci hanno ridotto le ore di lavoro” ; L’inglese si studia su una app e il prof non serve più.